domenica 14 febbraio 2010

BAMBINI SENZA FUTURO: LA MORTE DELLA SCUOLA PUBBLICA

PRECARI-DISOCCUPATI, ISTITUTI AL FREDDO, TEMPO “PIENINO”: L’ULTIMA INCHIESTA DI “PRESA DIRETTA”

DOMENICA 14 FEBBRAIO RAI 3 ORE 21,30


“N on ci sarà nessun taglio alla scuola. Sulla

scuola troppe cose divorziano con la realtà.

Dalla sinistra stanno arrivando messaggi assolutamente

falsi e inutili allarmismi” – questo aveva

detto Silvio Berlusconi nell’ottobre del 2008.

Non è vero. E chiunque stasera guarderà “La scuola

è fallita” se ne potrà rendere conto. A cominciare

dal taglio più drammatico, quello dei posti

di lavoro: ve li ricordate i precari della scuola sui

tetti dei provveditorati d’Italia? Sono scesi dai

tetti e quest’anno non lavorano. E sono migliaia.

Molti concentrati al sud. Li abbiamo seguiti a Messina,

per esempio, nel momento in cui venivano

assegnate le cattedre: meno della metà di quelle

dell’anno scorso. E ci sono voluti polizia e carabinieri

per frenare la rabbia dei precari rimasti

senza lavoro. Li abbiamo seguiti mentre affollano

gli uffici scolastici delle città e delle provincie del

nord: come una volta facevano gli operai

che venivano per lavorare nelle fabbriche,

arrivano con le valigie fin dentro gli uffici,

senza una casa, senza una rete familiare,

nella speranza di prendere una supplenza

medio lunga con uno stipendio da fame. Al

Provveditorato di Milano incontriamo una

coppia siciliana; la moglie ha appena preso

una supplenza annuale e così per un anno

si divideranno i figli: quello più piccolo

verrà a vivere a Milano con la madre, quello

più grande rimarrà in Sicilia con il padre.

Migliaia di storie come queste, di gente che

improvvisamente si è trovata senza un lavoro,

senza un reddito, senza un ruolo. E

tutto questo nel bel mezzo di una crisi economica

terribile. Abbiamo poi documentato

i vuoti che queste persone hanno lasciato

nelle scuole e abbiamo scoperto che

la loro assenza si vede, eccome se si vede:

mancano gli insegnanti di sostegno, mancano

i supplenti, mancano i professori . E

mancano i soldi. Il ministero dell’Istr uzione,

infatti, deve alle singole scuole un miliardo

di euro per il funzionamento ordinario.

Il risultato è che il sistema pubblico

italiano agonizza al punto che non c’è attività

extra che non comporti la richiesta di un contributo

delle famiglie: con i soldi del ministero

infatti la scuola pubblica italiana non riesce neanche

a comprarsi i pennarelli. Siamo stati con le

nostre telecamere vicini ai presidi che fanno i

salti mortali per cercare di garantire lo stesso un

servizio almeno sufficiente. E abbiamo visto anche

quelli che nonostante tutti gli sforzi non ce la

fanno: scuole dove mancano addirittura le classi e

i ragazzi passano tutto il tempo a spostarsi da

un’aula all’altra, scuole senza riscaldamento e

senza laboratori, senza palestre, senza materiali

tecnici e senza professori. Abbiamo girato le scene

dei bambini delle elementari mentre vengono

parcheggiati tra una classe e l’altra perché non ci

sono i soldi per chiamare i supplenti e anche il

tabù del Tempo Pieno – vi ricordate le dichiarazioni

del ministro : “Le famiglie non si devono

preoccupare perché non toccheremo il tempo

pieno” – è stato violato. Ogni anno diventa sempre

più difficile per le scuole garantirlo, e così

diventa tempo “pienino” e via via sempre più

piccolo per ore e attività offerte, e sempre meno

ricco. Poi ci sono le scuole private e le scuole

paritarie a pagamento: in Lombardia da dieci anni

vengono anche finanziate con i soldi pubblici

grazie ai buoni scuola. E sono scuole bellissime.

Ve ne faremo vedere tante, stasera, tra Milano e

provincia. Vedrete quante cose si potrebbero fare,

quante attività creative e sportive, vedrete i

bambini delle elementari perfettamente bilingue

e i ragazzi del Leone XIII di Milano già indirizzati

al Politecnico o alla Cattolica. E toccherete con

mano quante chance in meno per il futuro stiamo

dando ai figli della scuola pubblica.


giovedì 4 febbraio 2010

LA RAI UCCIDE LA TV DEI RAGAZZI


Fantabosco addio, la Rai uccide la tv dei ragazzi

Niente più Melevisione o Trebisonda, né È domenica papà. E Mussi Bollini si ribella.

Barbara Cataldi
Via i programmi per bambini da RaiTre. La decisione di togliere i programmi per bambini da ottobre 2010 è stata presa inaspettamente dal Consiglio di amministrazione della tv pubblica italiana.
La ragione ufficiale? L’ottimizzazione dei costi e la necessità, in tempi di crisi, di risparmiare un po’.
Ma, in realtà, c'è tanto da ottimizzare (e da risparmiare) nella tv pubblica che si parte dai più piccoli proprio perché si pensa che siano un "soggetto debole", specie se protetto - nella televisione pubblica - dall'aggressività degli spot.

"Saltano" Melevisione e tante trasmissioni amate

Così dal prossimo ottobre - se non si leveranno i cori di protesta di migliaia di genitori, che ci furono, ad esempio, quando furono oscurati i Puffi dalle tv di Berlusconi - verranno cancellati gli appuntamenti quotidiani con la Melevisione, Trebisonda e il Tg dei ragazzi, con Zorro, i cartoni animati e i piccoli documentari, oltre a essere eliminati i programmi del weekend come il videogiornale del Fantabosco, “E’ domenica papà” e “Mamme in blog”.

Una scelta incomprensibile

Una scelta incomprensibile. anche per chi lavora all’interno della Rai, soprattutto per le competenze, raffinate in anni di lavoro, del gruppo di circa 40 professionisti, che ruota attorno alla produzione per l’infanzia.
“L’esperienza dei programmi per l’infanzia di RaiTre è unica nel suo genere”, spiega Mussi Bollini , capostruttura bambini-ragazzi e coordinamento cartoni della terza rete, “anche perché è quella che fornisce contenuti per i due canali digitali tematici della Rai: Raigulp e Raisatyoyo come le serie in cartoni animati e la Melevisione.”
E aggiunge: “Spero che l’azienda non dimentichi che l’esperienza e la professionalità di RaiTre-bambini, sia nelle figure degli autori che dei registi e dei redattori, è riconosciuto nel merito delle professionalità un punto di eccellenza della tv europea”.

Sconvolto anche il Gran concerto

Il taglio dei programmi dal palinsesto della terza rete della tv pubblica, purtroppo, coinvolgerà anche produzioni straordinarie come il “Gran concerto”, esperienza televisiva che ha avuto un successo immenso.
Il programma coinvolge l’orchestra sinfonica della Rai di Torino e 700 bambini in platea e si fregia di nomi prestigiosi come autori e alla regia, come Raffaella Carrà e Sergio Japino.
Ai primi di giugno, verranno trasmesse le repliche delle prime due stagioni”.

I programmi per l’infazia fuori dalla tv generalista

E’ chiaro che il passaggio alla tv digitale obbliga la Rai a riorganizzazione contenuti e palinsesti delle tre reti generaliste.
“Il fatto che esistono canali tematici per bambini, però, non vuol dire che i programmi per l’infanzia debbano sparire dalla tv generalista. L’esistenza di un canale tematico - spiega Mussi Bollini - sullo sport non significa che i programmi di sport debbano essere cancellati dalle altre reti, così come l’esistenza di un canale all-news non spinge la Rai a eliminare i tg”.

21 canali tra bambini e ragazzi tra satellite e digitale

Proprio per questo motivo, nonostante l’offerta televisiva sia arrivata a 21 canali per bambini e ragazzi tra satellite e digitale, non ha portato all’eliminazione dei cartoni da RaiDue.
“E’ vero che i programmi per i più piccoli hanno perso ascolti -osserva Mussi - proprio a causa della ridistribuzione dei telespettatori tra i vari canali digitali tematici, ma è anche vero che la programmazione per l’infanzia di RaiTre non è sostenuta: né con spot o promozione, né con un posizionamento orario adeguato”. Anche sulle fasce orarie c’è infatti molto da ridire: “Spesso - chiarisce Mussi Bollini - capita che per una diretta dal Parlamento si facciano saltare proprio le trasmissioni dirette ai bambini.
E questo atteggiamento purtroppo rispecchia una verità: il mondo dell’infanzia in Italia non è considerato con il merito con cui dovrebbe essere valutato”.

Questo non è un paese per piccoli

“Non è un caso - conclude la dirigente Rai - se per la cultura dell’infanzia siamo gli ultimi al mondo.
L’infanzia nel nostro paese è vissuta come problematicità e non come opportunità. Anche se tutti sappiamo che i bambini di oggi sono gli adulti di domani, poi nella pratica si fa molto poco per rimanere coerenti al principio che loro saranno l’Italia di domani”.
Inutile, poi, chiedersi: “Cosa c’è di bello in televisione?


Aldo Grasso: ''La Rai sbaglia, non si brucia il Fantabosco''

Il critico del Corriere della Sera, contro lo smantellamento della tv dei bambini.

Barbara Cataldi
Questa Rai è davvero miope. Spende milioni di euro per il cachet di un paio di conduttori per il festival di Sanremo e poi cancella con un colpo di spugna l’intera programmazione per l’infanzia della più qualificata, per quanto riguarda i programmi per i più piccoli, delle sue 3 reti generaliste. Alla luce di queste scelte, viene da chiedersi quale sia la strategia culturale di un’azienda pubblica che avrebbe il compito di fornire ai suoi telespettatori un servizio pubblico e che invece ha deciso di chiudere i suoi programmi di punta per i bambini, a partire da Melevisione.

Aldo Grasso: “Non c’è niente di razionale in Rai”


“Le logiche interne della Rai non hanno nulla di razionale. Sono il prodotto di eventi casuali. Nessuno è attualmente impegnato a ragionare in termini di visione globale”: la critica è durissima e arriva come una scudisciata da una voce autorevolissima, quella di Aldo Grasso (nella foto a sinistra), firma di punta del Corriere della Sera e professore ordinario di Storia della radio e della televisione, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, oltre che direttore del Ce.R.T.A (Centro di ricerca per la televisione e gli audiovisivi) e autore di TeleVisioni, video-rubrica di critica televisiva on line sul corriere.it, con tanto di forum seguito da centinaia di persone.


Già partita l’eliminazione di Melevisione e degli altri programmi


Con o senza logica, resta il fatto che la direzione generale della Rai ha deciso di eliminare dal palinsesto di Raitre cartoni animati, telefilm e programmi per bambini e per ragazzi, a partire dal prossimo ottobre. Il motivo: la necessità di risparmiare.

Professor Grasso, cancellare i programmi per l’infanzia da una rete generalista è una scelta imposta dal passaggio alla piattaforma digitale?

Nel passaggio al digitale, la Rai, come tutti gli altri, ha lanciato canali tematici dedicati ai bambini e ai ragazzi.
La scelta dei canali tematici è lo snodo editoriale dei prossimi anni, il moloch della tv generalista non è più efficace, sta crollando pian piano.
Anche se il fenomeno non è immediato, è comunque inarrestabile.
In questa ottica è normale che le reti generaliste cedano parte dei contenuti alle reti tematiche.

Qual è il vantaggio per chi trasmette?
In termini economici, i canali tematici permettono di fare programmazioni più coerenti, ma soprattutto favoriscono un aumento notevole dei guadagni perché di solito vengono riempiti con format acquistati all’estero.
Quando parliamo di servizio pubblico, però, dovremmo fare un discorso diverso. La Tv pubblica è un’azienda che vive solo di mercato e profitti o è anche un centro di produzione culturale e pedagogica?

Quale dovrebbe essere secondo lei il compito della Rai in questo campo?
Il servizio pubblico dovrebbe promuovere una linea didattica nazionale, in sintonia con la cultura del nostro paese.
Cartoni animati e programmi per l’infanzia, fatti anche bene, negli Stati Uniti o in qualunque altro paese del mondo, potrebbero essere molto interessanti, ma non rispecchiare la nostra linea pedagogica. Sarebbe meglio, quindi affiancare a format acquistati all’estero prodotti confezionati in Italia.

Qual è la peculiarità della produzione televisiva per l’infanzia in Italia?

L’’identità l’ha trovata da qualche anno con L’albero azzurro, la Melevisione, i personaggi del Fantabosco, cioè quando è nato un centro di produzione dedicato a Torino, in cui si è portato avanti un progetto di ricerca, una proposta creativa calibrata proprio sui bambini e sui ragazzi. E' stata la prima volta che si è aperto una via italiana alla tv dell’infanzia.
Prima di allora non si faceva altro che confezionare programmi televisivi per grandi adattati ai bambini, modello Zecchino d’oro, per intenderci.

Insomma, in questo momento di passaggio cosa dovrebbe fare la Rai?
Dovrebbe tentare di conciliare due linee: quella meramente commerciale e quella editoriale e culturale.
È giusto aprire ai canale tematici, ma bisognerebbe farlo senza perdere la propria prerogativa di servizio pubblico.